Profondità di campo e prospettiva

Ultimo aggiornamento 15 Luglio 2020

Profondità di campo

La funzione del diaframma è quella di regolare la profondità di campo (PdC) , cioè la zona di nitidezza che precede e segue il soggetto focalizzato. Questa zona di nitidezza può essere immaginata come una serie infinita di “piani” verticali che divengono via via meno nitidi più si allontanano dal soggetto messo a fuoco.

In realtà, l’immagine è perfettamente nitida solo nel piano di focalizzazione e il fuoco di tale piano cade proprio in corrispondenza del piano pellicola. Il fuoco dei piani sfuocati va a cadere dietro o davanti al piano pellicola. Questi raggi sfuocati vengono riprodotti come cerchi di confusione, con diametro proporzionale alla distanza fra piano di focalizzazione e piano pellicola. Se questi punti sono numerosi domina la sfuocatura.

Un punto focalizzato P creerà un’immagine I proprio sul piano pellicola (PP). I punti al di qua (P”) e al di là (P’) del punto a fuoco avranno il fuoco che va a cadere dietro e davanti al piano pellicola. Nella realtà si tratta di un fascio di raggi luminosi che vengono rifratti dalle lenti dell’obiettivo e convergono, cioè si focalizzano, a formare l’immagine. I raggi dei punti P’ e P”, che convergono a distanze diverse dal PP, descriveranno non singoli punti, ma circoli di punti: i cerchi di confusione.

I piani di messa a fuoco P’ e P”, per i quali il diametro del cerchio di confusione in I’ e in I” è ancora accettabile, definiscono i limiti della profondità di campo, cioè quell’intervallo in cui il soggetto risulta nitido. Il diametro dei cerchi di confusione è proporzionale all’entità della sfuocatura, quindi è proporzionale alla distanza dal piano pellicola. La nitidezza di un’immagine dipende quindi dal diametro dei cerchi di confusione.

0.026 mm è il limite ottico per il cerchio di confusione nel formato 24×36, in genere arrotondato a 0.03 mm. Al di sotto di questo limite l’occhio umano non distingue un cerchio da un punto; al di sopra, l’occhio inizia invece a percepire l’entità della sfuocatura. Il diametro-limite per un negativo 6×6 è il doppio, perché per ottenere un dato ingrandimento a partire dal negativo 6×6 saranno necessari meno passaggi che da un negativo 24×36.

Chiudendo il diaframma (d), il circolo di confusione diventa più piccolo. Lo stesso punto P, cioè, appare più a fuoco. Ma anche l’intero intervallo dei piani prima (P”) e dopo (P’) risulta più nitido e quindi si estende a piani molto vicini e piani molto lontani: la profondità di campo aumenta.

Negli modelli ottici di cui sopra abbiamo indicato i piani al di qua e al di là del piano focalizzato come simmetrici rispetto al piano focalizzato stesso. In realtà, il campo nitido è ripartito in modo non simmetrico: il campo nitido dietro il soggetto – detto anche Distanza Lontana – è circa doppio rispetto a quello davanti – detto Distanza Vicina.

Profondità di campo in macro

In macrofotografia, invece, per via dell’ingrandimento maggiore, la distribuzione del campo nitido rispetto al piano di messa a fuoco è pressoché simmetrica.

A parità di distanza di ripresa e di diaframma, la profondità di campo è inversamente proporzionale alla lunghezza focale (aumenta con i grandangolari, diminuisce con i teleobiettivi).

Inoltre, è direttamente proporzionale alla distanza di messa a fuoco.

In ogni caso, più piccolo è il “foro” del diaframma, maggiore sarà la profondità di campo.

La giusta profondità di campo

Non bisogna abusare della profondità di campo, che bisogna imparare a dosare tenendo conto delle numerose variabili in gioco:

  • caratteristiche del soggetto
  • caratteristiche dello sfondo
  • distanza soggetto/sfondo
  • lunghezza focale
  • tipo di effetto che si vuole ottenere.

Ad esempio, con un teleobiettivo dobbiamo già subire l’effetto di compressione prospettica indotto dalla lunghezza focale: il soggetto viene schiacciato contro lo sfondo. Per ridurre il disturbo procurato dallo sfondo, utilizzeremo quindi diaframmi non troppo chiusi.

Nella documentazione scientifica o in fotografia naturalistica è necessario fornire all’osservatore quanta più informazione possibile, cioè i massimi dettagli sul soggetto. Nell’esempio che segue sono messi a confronto due scatti con diaframma aperto (f/5.6) e con diaframma più chiuso (f/11), che in questo caso è certamente preferibile:

Nell’esempio che segue, invece, la profondità di campo migliore è quella minore, cioè quella corrispondente ad un diaframma molto aperto (f/2.8). Chiudendo il diaframma a f/14, infatti, si mettono a fuoco più dettagli, ma questi vanno a disturbare il soggetto principale, che risulta poco significativo e “confuso”:

Resa dello sfuocato (o bokeh)

Le aree non a fuoco, quelle cioè contenute nei piani fuori fuoco, possono essere rese in diversi modi, ma anch’esse possono contribuire a migliorare un’immagine. La resa dello sfuocato indica appunto uno sforzo nel cercare di rendere lo sfuocato più artistico o gradevole.

La resa dello sfuocato dipende dal diaframma impostato, dalla lunghezza focale e dalle caratteristiche ottiche dell’obiettivo: ogni obiettivo ha una sua resa e gli effetti più artistici si ottengono generalmente con i teleobiettivi o con gli obiettivi macrofotografici.

La resa dello sfuocato è particolarmente critica e importante nella fotografia naturalistica o nel ritratto, in cui si cerca di “staccare” al massimo il soggetto dallo sfondo.

Passerotto newyorkese

Prospettiva

Ampia, stretta, dal basso, dall’alto, compressa. Sono tutti aggettivi che definiscono la prospettiva di una ripresa, cioè di come è stato reso un dato soggetto rispetto al mondo circostante.

La prospettiva è l’effetto visivo che determina quanto vicino o lontano appare lo sfondo dal soggetto, dice Canon nel suo libro EF Lens Work III. Se è così – ed è così – allora il fotografo ha moltissime possibilità di resa del soggetto. Ma questo significa che deve sapere controllare la prospettiva.

Minore è la lunghezza focale dell’obiettivo, ad es. con un grandangolo, maggiore è l’effetto visivo di allontanamento dello sfondo dal soggetto. Viceversa per i teleobiettivi, con i quali lo sfondo sembra comprimersi a ridosso del soggetto.

In autostrada per Toronto: esempio di effetto prospettico di compressione, proprio di un teleobiettivo.

Saper controllare la prospettiva consente, ad esempio, di far risaltare lo sfondo rispetto al soggetto, o, al contrario, il soggetto rispetto allo sfondo. Ecco perché è fondamentale la scelta dell’obiettivo in base all’effetto prospettico che si desidera realizzare.


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Per citazioni

Agnoli G.L. (2024) Manuale di Fotografia di Chrysis.net - Profondità di campo e prospettiva, in: Chrysis.net website. Interim version 18 November 2024, URL: https://www.chrysis.net/it/fotografia/manuale-di-fotografia/profondita-di-campo-e-prospettiva/.